I creativi della moda sono solo uomini?


Arte, Icone & Ispirazioni, Moda, Storia della moda / domenica, Febbraio 25th, 2018

Secondo gli esperti, i tre nomi che stanno influenzando la moda in maniera decisiva  sono Alessandro Michele (Gucci), Jonathan Anderson (JW Anderson e Loewe) e Demna Gvasalia (Balenciaga e Vetements). Se si deve aggiungere un quarto, spunta Virgil Abloh (Off-White).

Queste quattro persone hanno una cosa in comune: sono tutti uomini.

Alessandro Michele, classe 1972, è l’attuale Direttore Creativo di Gucci
Irlandese e nato nel 1984, Jonathan Anderson ha creato la label JW Anderson ed è Direttore Creativo del brand spagnolo Loewe.
Demna Gvasalia, designer Georgiano nato nel 1981, è l’attuale Direttore Creativo di Balenciaga e Head Designer del collettivo Vetements.
Virgil Abloh nato nel 1980, ha creato la label Off-White ed è il braccio destro di Kanye West (Yeezy).

In tutto ciò mi domando: ma che fine hanno fatto le donne? Possibile che in un settore dove sono da sempre loro le più interessante e le maggiori consumatrici, i nomi trainanti, i geni creativi sono solo uomini?

Lungi da me sembrare una “femminista” dei tempi d’oggi, quel genere di donne arrabbiate che mostrano disprezzo per gli uomini, salvo poi andare a comprare di nascosto “50 sfumature di grigio” e andare a guardare al cinema il film sognando il maschio Alfa che le sbatte contro un muro con passione simil Harmony.

Però la domanda mi sorge spontanea perché  le donne lavorano nel fashion system in maggior numero degli uomini. E quando studiavo moda all’università le ragazze erano almeno l’80%.

Si dice che le donne creano abiti per se stesse e quindi non tralasciano la funzionalità e la vestibilità, mentre gli uomini se sono etero immaginano abiti che vorrebbero vedere indossati dalle donne e se gay che vorrebbero indossare loro stessi.

Viene quindi spesso criticata una mancanza di creatività e immaginazione alle donne, mentre gli uomini sperimentano di più.

In questo preciso momento storico  l’estetica proposta da Alessandro Michele per Gucci e Demna Gvasalia per Balenciaga, piaccia o non piaccia, è perfetta. E’ un mix e match di stili, rimandi, colori ed epoche diverse, rispecchia la confusione globale, Il continuo flusso di foto, notizie e video a cui siamo costantemente esposti solo guardando i nostri smartphone.

Uno dei tanti discussi outfits dell’ultima sfilata di Gucci FW2018.
Outfits della sfilata AW 16 di Balenciaga: Demna Gvasalia reinterpreta in chiave contemporanea e avant-garde le linee strutturate del fondatore della maison Cristòbal Balenciaga.

Gli amanti della moda classica storcono il naso di fronte a questa nuova moda a-gender dove domina un nuovo concetto di bellezza-bruttezza, dove l’importante è stupire. D’altronde quello che si cerca di fare è emergere a tutti i costi, anche se solo per il tempo di una foto postata su Instagram. E i nuovi consumatori, millenials e cinesi soprattutto, prediligono questo tipo di estetica, portando avanti il sistema moda in termini di fatturato.

Le triple S di Balenciaga sono ricercate e vendutissime.

In tutto questo ci sono ci sono ancora designer donne che riescono a stare al passo. Sicuramente Miuccia Prada, Stella McCartney e Vivienne Westwood.

Le borse ecologiche della linea falabella di Stella McCartney sono molto amate dalle donne e, fra originali e copie, se ne vedono veramente moltissime.
Creatrice dell’estetica punk, Vivienne Westwood, nonostante i 70 anni passati da un pezzo, continua a promuovere le sue estetiche stravaganti e irriverenti sempre in prima persona, come si vede in questa foto della campaign pubblicitaria della FW2017-18.
Da sempre a Prada è associato l’aggettivo di intellettuale. Le linee create da Miuccia rispecchiano anche la sua attenzione per l’arte contemporanea e la Fondazione Prada di Milano ne è l’emblema.

Credo che se in questo preciso momento storico ci fosse in giro Coco Chanel non verrebbe considerata granché, perché i suoi magnifici e osannati abiti erano semplici e molto funzionali, rispecchiando alla perfezione i bisogni dei tempi della guerra e di una nuova emancipazione femminile.

Il classico tailleur in tweed che identifica Coco Chanel. Un abito icona, lontano anni luce dall’estetiche contemporanee di oggi.

Cambiano i tempi e la moda, come è giusto che sia, si adatta.

E comunque, il bello dell’epoca di oggi è che abbiamo una libertà sconfinata nel vestire e quindi, se non ci piacciono queste estetiche street ed estreme, possiamo sempre trovare qualcosa di più classico e minimal e se no rivolgerci agli abiti vintage.

Quello che però a me sembra è che si privilegia più un punto di vista maschile su tutto quanto. D’altronde le nemiche delle donne sono proprio le donne stesse, quindi sono loro spesso a elogiare l’amico maschio geniale e a cercare di ostacolare, vuoi per invidia o per altro, una collega donna.

Non c’è una soluzione in tutto questo, magari è vero che in questo preciso momento l’estetica che più rispecchia la contemporaneità è quella maschile.

Però sono convinta che ci siano donne intelligenti e molto creative in giro per il mondo e che prima o poi, in quella infinita e insaziabile girandola che è la moda,  che non è poi tanto paritaria come ci si potrebbe aspettare, ci sarà spazio anche per loro.

Elsa Schiaparelli (1890-1973), geniale stilista surrealista.

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